UNA MINIMA INFELICITÁ di Carmen Verde

Autore: Carmen Verde

Editore: Neri Pozza

Collana: Bloom

Anno edizione: 2022

In commercio dal: 8 novembre 2022

Pagine: 160 p., Brossura

EAN: 9788854524965

 

“Nelle fotografie sediamo sempre vicine, io e mia madre: lei pallida, a disagio, con uno sguardo che pare scusarsi.

A quei tempi pregava ancora Dio che le mie ossa si allungassero. Ma Dio non c’entrava. Se ci vuole ostinazione per non crescere, io ne avevo anche troppa.”

Anna, chiamata da tutti Annetta, esile e minuta, racconta in prima persona la storia della sua famiglia, attraverso vecchie fotografie che danno il ritmo a tutta la narrazione.

È prevalentemente una storia di donne, Antonio Bandini è un padre in disparte, nelle fotografie non c’è mai, eppure è presente anche se non si vede, è dietro l’obiettivo.

Sono le donne la vera voce della storia: la folle nonna Adelina Gentile

“La follia della Nonna Adelina dominava la nostra famiglia. Era nelle infedeltà di mia madre, era nella cupezza di mio padre, era nel mio corpo minimo, contratto, che io stessa guardavo oramai con disgusto”;

 la governante Clara Bigi, donna prepotente che ruba e rompe gli oggetti, in grado di suscitare fin da subito l’odio di Anna, col suo atteggiamento tirannico e critico

“Persino un cane ha meno fiducia di chi, dopo averlo bastonato, si avvicina per fargli una carezza. Non capivamo cosa stesse architettando. Dov’era l’inganno?”

Al centro di tutto c’è sempre Sofia Vivier, la madre di Anna, donna sfuggente, mutevole nelle sue passioni, che con la sua stravaganza non fa altro che provare a tenere a bada la minima infelicità e la solitudine che la colgono e la disorientano.

“L’infelicità non è soltanto una categoria dello spirito. Se così fosse, se si trattasse di una faccenda esclusivamente interiore, chiusa nel segreto del nostro essere, nessuno riuscirebbe a vederla. No. L’infelicità è un luogo, un luogo fisico, una stanza buia nella quale scegliamo di stare. Tanto che, quando accendiamo un lume, subito lo schermiamo, perché nessuno possa spiare all’interno.”

[…]

“Ci sono cose in noi che potrebbero essere, e tuttavia non sono, se non in rari momenti.”

[…]

 “Nella mente ristagnano cose di cui non sempre ci è dato comprendere la ragione.”

Sofia insegue amori sbagliati, vergognandosi del piccolo corpo della figlia e Annetta diventa sempre più minuta.

“L’amore era il suo pensiero più ostinato, la sua ferita più profonda, mai rimarginata. Se da ragazza l’aveva atteso, sicura di non esserne delusa, adesso lo inseguiva disperatamente, ossessivamente, arrancando per immonde strade di periferia, nella speranza di raggiungerlo.”

[…]

 “Le era parso, a volte, che l’amore la sfiorasse nella direzione opposta e allora aveva cambiato strada (è questione d’istinto, l’amore), fino a perdersi. Altre era rimasta ad aspettare e aspettare, fin quasi a non sapere più chi o cosa stava aspettando.”

[…]

 “Credeva nell’amore come altri credono in Dio, ma in lei l’amore non aveva mai creduto.”

Annetta si esercita con tenacia alla rinuncia, vive imparando dalla madre l’illusione, tanto da aggrapparsi con risolutezza ad un corpo che non cresce.

“Tutta la mia persona era perfettamente contenuta in quella di mia madre. Il mio piccolo corpo non era, in fondo, che una porzione del suo.”

Annetta è una figlia in perenne attesa di un qualsiasi gesto che la faccia sentire accettata da questa madre bellissima e irraggiungibile, perennemente rincorsa dalla figlia e mai afferrata; si deve continuamente accontentare di guardarla, ammirarla, contemplarla, osservarla. Parole che si ripetono costantemente all’interno del romanzo, che danno l’idea di quanto per questa figlia sua madre sia un miraggio inafferrabile.

La mamma non sarà mai capace di dare a sua figlia questa minima felicità, così come lei stessa sarà sempre una donna insoddisfatta ed infelice.

L’infelicità è del resto il filo conduttore di questo romanzo breve e intenso, minimale anche nella sua prosa, mai una parola di troppo, sempre misurato, con tanti spazi bianchi nelle pagine, che a mio parere rappresentano ossimoricamente il silenzio assordante del dramma che vive questa famiglia.

Ho scelto questo romanzo per il suo titolo, in un momento di estrema infelicità, e la sua lettura non me l’ha sanata, lo potrà fare solo il tempo, ma è servito a “coccolare” le mie ferite, a riafferrare quell’idea, che talvolta svanisce nella mente di chi soffre, che non siamo gli unici al mondo ad attraversare momenti di tempesta e che ognuno di noi vive ogni giorno la sua battaglia quotidiana…

“Non c’è da fidarsi dei ricordi. Proprio quelli che sembrano più veri si rivelano alla fine i più bugiardi.

Sono come i sogni, i ricordi: mai del tutto decifrabili, sedie zoppe che non riesci a far star dritte senza qualche piccolo rincalzo.”

Citazioni tratte dal romanzo, pubblicate sui miei profili Facebook e Instagram 

 

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